“Da allora i merli non son più bianchi, ma neri e i tre giorni già detti, tra i più rigidi e severi”
Nel mezzo dell’inverno
La tramontana non ci sta lasciando da un paio di giorni, soffiando via nebbia, nuvole (e smog). Un vento freddo, di quelli che irrigidisce le mani rendendo difficile qualsiasi attività si voglia fare all’aperto, il prezzo dello spettacolo del sole d’inverno, presumo.
Le mie scorrerie nell’orto si stanno facendo piuttosto rade: una corsa a raccogliere un finocchio, un paio di rape o un mazzetto di cavolo nero e poi via di nuovo veloce in casa, seguita a ruota da Pandoro, il gatto più anziano, che non ama particolarmente le fredde correnti del nord. E come dargli torto?

Nonostante ciò la primavera è già in gestazione, la terra dopo il torpore fra autunno e inverno si sta risvegliando, mentre i primi crochi fioriscono e giacinti e narcisi sbucano dal terreno. Con ciò però meglio non farsi ingannare, sotto zero ci finiremo ancora, come è giusto che sia da queste parti.
A ricordarcelo c’è la storiella della candida merla che sfidò l’inverno credendolo ormai passato e si ritrovò assieme ai pulcini a dover cercare rifugio e un po’ di calore in un camino diventando tutta nera per il fumo e la fuliggine. Storia antica, che fra le righe ci racconta del disgelo, della bianca neve che sciogliendo poco per volta ingrassa la terra, rendendola nera e fertile, di Madre Terra che finalmente ha aperto gli occhi dopo il sonno cominciato a metà autunno.
Trapiantare le fragole
Nonostante il vento freddo, appena sbuca da dietro le nuvole qualche raggio di sole, eccomi svelta con due paia di calze spesse e gli stivali di gomma per correre in giardino e dedicarmi ai tanti piccoli lavori del periodo.
Le rose da potare perché abbiano una bella forma e diano una fioritura abbondante a primavera, qualche altro alberello nato spontaneo da sistemare nella sua casa definitiva… Le fragole da trapiantare per creare bordure belle da vedere e buone da mangiare, sognando di averne tante qua e là.
Le piante che sto mettendo a dimora in questi giorni appartengono ad una varietà antica, di quelle a frutti piccoli che maturano fra maggio e giugno (non chiedetemi il nome, non ne ho la più pallida idea). La prima a piantarle fu la nonna del mio compagno proprio qui una sessantina di anni fa e da allora non hanno fatto altro che prosperare e moltiplicarsi, senza avere necessità particolari.
Naturalmente le piantine originali non ci sono più, ma le fragole hanno questa meravigliosa _anche se qualcuno direbbe seccante_ capacità di propagarsi velocemente fra una stagione e l’altra per dare vita a nuove piante a costo zero da trapiantare in aree del giardino ancora spoglie o magari da regalare anche a chi un giardino non ce l’ha perché le fragole crescono bene anche in vaso.

Eccomi allora che con pazienza nel pieno dell’inverno, mi chino sui vialetti, sui lati del marciapiede, per sfoltire questa abbondanza. Nessuna di loro verrà buttata via o rovinata, tutt’altro! Verrà posta in un luogo confortevole dove verrà nutrita e coccolata dalla spessa pacciamatura e sarà libera di crescere, diventare casa e fonte di nutrimento per insetti e uccelli, regalarci tutti i frutti che vorrà. Il tutto, ovviamente, senza concimi chimici o pesticidi di sorta.
Può sembrare un po’ strano, ma è proprio questo il periodo migliore per cimentarsi: quella della fragola è una pianta bella tenace e le spolverate di gelo del periodo saranno molto utili per rendere le radici forti e con esse tutta la pianta in primavera.
Confezionare candele
Fin dall’antichità i giorni fra gennaio e febbraio erano importanti perché si festeggiava l’inverno che volgeva al termine e con esso il culto del latte e del fuoco; un aspetto comune a tantissime culture, anche molto distanti fra loro.
Fuoco e latte come simbolo di calore, di crescita e di fertilità che nella liturgia cristiana si sono trasformati nella benedizione delle candele con la celebrazione della Candelora e il culto delle Sante Brigida e Agata.
È diventata mia consuetudine in questo periodo dell’anno preparare un bel pasto ricco a base di verdure di stagione al forno, zuppe invernali, formaggi freschi, pane ai semi, caldarroste o magari un dolcino a base di panna, cannella e latte.
E poi ci sono le candele, da confezionare in casa nei colori del bianco, del giallo o del rosso. Nulla di speciale, in genere recupero la cera rifondendo candele vecchie o quasi esaurite, ma ciò che conta sono la voglia di non sprecare e l’intento.
Realizzare una candelina in casa è molto semplice e servono solo spago per lo stoppino, una molletta da bucato, un vecchio pentolino “sacrificabile” e contenitori adatti. Io in genere riuso i vasetti in vetro delle vecchie candele oppure riciclo le lattine di alluminio, quelle dei legumi o dei pelati per capirci. E poi occorre la cera, naturalmente, di soia, d’api _magari acquistata da un buon apicoltore della zona_, di recupero…

Basta fonderla a bagnomaria, intingervi lo spago per realizzare lo stoppino e posizionarlo nel vasetto in modo che sia ben dritto e poggi sul fondo. La molletta serve proprio per tenerlo fermo mentre si cola la cera nel contenitore e in seguito mentre la si lascia raffreddare. Una volta solidificata la candela, si rimuove la molletta e si taglia lo stoppino in eccesso. La candela è così subito pronta per essere accesa.
Un piccolo trucco… Dopo aver colato la cera negli stampi la prima volta, è una buona idea tenerne da parte un po’; questo perché solidificando all’interno dei contenitori, la candela diminuisce di volume e si potrebbero creare degli incavi non proprio belli da vedere. Basterà fondere di nuovo la cera avanzata e versarla in superficie, in questo modo il problema si risolverà.
In un tempo in cui le candele ormai si trovano un po’ ovunque e in quantità industriali, credo fermamente che accenderne una fatta con le proprie mani _per quanto imperfetta_ sia un gesto meraviglioso, portatore di una luce ed un calore speciali nella propria casa come nella minuscola vita di tutti i giorni e con lei nel nostro intero mondo.
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