Pesto di finocchio e crauti, deliziose conserve d’inverno

Se il gelo arriva, la cucina trasforma e conserva perché nulla vada sprecato.

Giorni di gelo

Come promesso, il gelo non ci avrebbe lasciati nel bel mezzo dell’inverno, anche se i narcisi crescono in fretta e qualche violetta temeraria moriva dalla voglia di fiorire.

Sarebbero gradite anche un po’ di neve o pioggia in questo deserto che ormai sta diventando la nostra pianura, ma per fortuna al momento nell’orto lo spesso strato di pacciamatura fatto con sfalci di prato e foglie ancora regge. Nonostante i venti secchi da nord-est che continuano a soffiare già da una decina di giorni, il suolo sotto di essa è fresco, protetto dal gelo e ricco di vita.

Tutte le piante stanno comunque patendo le gelate di questi giorni e appaiono piuttosto fiaccate. Si salvano solo quelle più riparate, il cavolo nero _che il gelo invece lo ama proprio_ e le verdure a radice, fondamentali per le settimane future.

È in questi periodi di freddo intenso che raccolgo tutti gli ortaggi più “sofferenti” e li trasformo, in modo da conservarli per un lungo periodo.

Il pesto di foglie di finocchio

Ecco che gli ultimissimi finocchi vengono raccolti in fretta. Saranno deliziosi stufati o in insalata, mentre con le foglie verdi ho realizzato in quantità un semplice pesto da conservare, un po’ come quello che avevo preparato a inizio autunno.

Come sempre, la ricetta è semplicissima e a sentimento. Foglie di finocchio e parti verdi, mandorle e pistacchi (un dono molto gradito direttamente dalla Sicilia), sale, olio e lievito alimentare al posto del formaggio grattugiato. Tutto finisce nel mixer per essere trasformato in pochi minuti in un ottimo pesto “invernale.

Una volta pronto, l’ho poi porzionato nei vasetti di vetro e messo in congelatore, dove si conserverà per settimane. Sarà perfetto come condimento per la pasta o per una pizza un po’ più creativa.

Conservare con la fermentazione, un metodo antico da riscoprire

È esistito un tempo in cui i microbi, batteri e lieviti, erano imprescindibili per la trasformazione e la conservazione degli alimenti.

Basti pensare al pane fatto con il lievito madre, al vino e alla birra, all’aceto, allo yogurt, alle olive… Un bagaglio di tecniche e conoscenze grande come il mondo, cui ogni popolo ha dato un prezioso contributo, a seconda del tipo di alimentazione, delle condizioni climatiche e degli strumenti disponibili.

Esistono autori preparatissimi e testi molto belli al riguardo, ma il libro che mi ha realmente aperto nuovi orizzonti è stato senza dubbio “Il grande libro della fermentazione” di Sandor Ellix Katz cui faccio costantemente riferimento nelle mie piccole preparazioni casalinghe.

Fermentare per conservare significa ritornare ad una preziosa simbiosi ormai dimenticata, benefica per il nostro corpo e per il mondo che ci circonda, lontana anni luce dal cibo dell’industria che vuole ogni prodotto standardizzato e sterile per poterlo abbandonare sugli scaffali dei supermercati.

Bene inteso, non demonizzo in nessun modo le tecniche che permettono di conservare adeguatamente i cibi, nello stabilizzarli per lungo periodo e nell’adoperarsi per scampare a pericolose intossicazioni.

Credo però che trovare un equilibrio sia importante: riscoprire e aggiungere più cibo fermentato nella propria vita di tutti i giorni, magari autoprodotto, significa portare varietà di ingredienti, sapori e preziosi nutrienti. Oltre a dare tantissima soddisfazione e a semplificare la vita, perché fermentare costa poco e, una volta ritrovate le giuste conoscenze, è anche semplice e permette di salvare svariati ingredienti per mesi, evitando lo spiacevole fenomeno dello spreco alimentare.

I crauti

Il primo incontro con questo alimento così particolare me lo ha riservato la nonna paterna fin da quando ero piccolissima. Ho ricordi molto nitidi di questi pentoloni di cavolo cappuccio tagliato fine e condito con aglio, pepe e aceto che bollivano per ore sulla stufa a legna. Questo cavolo cappuccio brasato, che lei chiamava ingenuamente “crauti“, in realtà non aveva nulla a che vedere con i crauti veri, che la nonna aveva scoperto quasi certamente durante la guerra e che penso avesse tentato di replicare a istinto con ciò che aveva in casa. Resta però una delle mie ricette del cuore e, vi confesso, ogni tanto la preparo ancora molto volentieri.

Dopo questo piccolo germoglio di curiosità, arrivarono i primi viaggi verso nord e il tentativo piuttosto deludente di acquistare i crauti sotto vetro. Con l’inizio del mio percorso di autosussistenza è arrivata poi anche la voglia di conoscere e sperimentare cose sempre nuove: in tanti dicevano che erano davvero buoni questi crauti, perché non dare loro un’altra possibilità?

È cominciata così, con qualche lettura veloce e alcuni tutorial online. Sale, aromi, un barattolo di vetro, i cavoli dell’orto… Ok, in casa c’è tutto! E, a dispetto delle impressioni iniziali, non potete immaginare la sorpresa del primo assaggio. Da allora un barattolo o due di crauti in frigo ci sono sempre, da mangiare nelle insalate, come contorno a patate o cereali, da mettere nei panini oppure a fine cottura negli stufati.

Crauti: Pesare 1Kg di cavolo cappuccio ben lavato, mondato delle foglie esterne e del torsolo. Tagliarlo molto finemente e cospargerlo con 25 g di sale grosso. Aiutandosi con un pestello in legno o direttamente con le mani, strizzare bene il cavolo, per ammorbidirlo e far uscire più acqua di vegetazione possibile. Porre sul fondo di un barattolo in vetro capiente e ben pulito eventuali aromi, comunque opzionali (vanno bene finocchietto selvatico, aglio, alloro, cumino, coriandolo, pepe…). Coprire con un primo strato di cavolo cappuccio, aggiungere altri aromi e poi il cavolo cappuccio rimanente. Pressare molto bene il cavolo con le mani o aiutandosi con il pestello, coprire con tutto il liquido di vegetazione e porre un pesetto in vetro o ceramica sopra le verdure. Il cavolo dovrà restare perfettamente sommerso, per cui se il liquido di vegetazione non dovesse bastare, aggiungere acqua di bottiglia o mictofiltrata. Chiudere con un coperchio senza stringerlo e far riposare per almeno due settimane. Ogni tanto pressare di nuovo le verdure. Quando i crauti sono pronti, trasferirli in contenitori più piccoli, sempre pressandoli molto bene e conservarli in frigorifero.

Un commento

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.